Sul sentiero della Quaresima … riflessione per Capi – Parole di Don Pietro (A.E. della Branca RS Regionale)

Sul sentiero della Quaresima… gustando la voce del Silenzio.

26 febbraio 2020 – Mercoledì delle Ceneri

 

Iniziamo, carissimi Capi, il nostro cammino, la nostra route Quaresimale.

Dico ruote, perché è proprio una strada, la Quaresima, che – programmata e ben affrontata – ci può permettere di scegliere, vivere, incontrare, servire.

È una route in cui unico nostro Capo è il Cristo, che cammina con noi, con le nostre stesse fatiche, facendosi carico dei nostri stessi pesi, ma consapevole di donarci, se lo accogliamo, una via  sempre nuova, una via di vita e di salvezza.

E per raggiungere la meta, gli obiettivi di questa route, in questo Mercoledì delle ceneri pieno di voci, di parole, di allarmi, di paure, sento il dovere di individuare con voi uno strumento che possa far decantare le torbide acque che ci agitano, per gustare la fresca purezza della nostra vita quotidiana, dono di Dio, spazio della nostra salvezza.

Uno strumento, fra tutti, penso possa esserci utile come esercizio per questo tempo di Quaresima: esso è il santo Silenzio.

Il silenzio è una virtù che dispone e abilita al retto uso della lingua, non permettendo di parlare se non come e quanto richiede la retta ragione, il cui valore e la cui utilità sono già evidenziati dai grandi pensatori dell’antichità.

In una sua sentenza, Solone diceva ai suoi discepoli: «solo lo stolto non può tacere», ed Epaminonda ricordava che «l’uomo deve essere molto più desideroso di ascoltare che di parlare, perché la dottrina viene dall’ascoltare in silenzio, mentre il pervertimento viene dal parlare a vanvera». E ancora, Seneca: «chi non sa tacere non sa parlare».

Nella Sacra Scrittura il silenzio ci viene presentato come caratteristica del prudente (cfr. Prov. 2) e l’apostolo Giacomo, nella sua lettera, ci invita a essere «pronti nell’ascoltare e tardi nel parlare» (Gc 1,19), ma soprattutto è il contesto in cui ci si manifesta Dio stesso: «Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo rapido corso, la tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, guerriero implacabile, si lanciò in mezzo alla terra» (Sap. 18,14-15).

Ma la forza prorompente del silenzio, per il nostro cammino di uomini e donne chiamati a seguire il Maestro e ad annunciarlo con la nostra vita, nel matrimonio o nel ministero ordinato, penso ci venga dal racconto del rinnovamento della vocazione profetica di Elia.

Elia è un uomo di grande coraggio; con le sue scelte e con la sua parola infuocata lotta contro l’idolatria.

Si è esposto per amore verso il suo Dio e verso il suo popolo. E proprio per la lotta contro le false divinità create dall’uomo (ieri… come oggi) è stato costretto a una fuga precipitosa e disperata, a tal punto da essere tentato di lasciarsi morire nel deserto, pur di evitare l’arresto da parte di Gezabele, desiderosa di far tacere una voce così disturbante e forte.

Elia sale a fatica, alla fine, sulla vetta del Monte Horeb, quasi a voler risalire alle radici di una fede che egli ha sempre vissuto con coraggio e pienezza ma che ora sembra entrata in crisi; ed è lassù che, in un’epifania, ritorna a risuonare per lui la chiamata divina.

All’inizio della sua missione un secco comando aveva portato Elia fuori dalla sua città, Tisbe: «Vattene di qui, dirigiti verso oriente, nasconditi presso il torrente Cherit» (1Re 17,3). Ora, invece, è un evento solenne e maestoso, scandito dalla coreografia delle tradizionali apparizioni del Sinai: fulmini, vento tempestoso, terremoto, fuoco.

Eppure questo apparato che colpisce il corpo del profeta facendolo tremare e sudare non è lo strumento della rivelazione divina, come s’aspettava quest’uomo focoso «la cui parola bruciava come fiaccola» (Siracide 48,1).

Il Signore gli si manifesta, invece, in una qol demamah daqqah, espressione che può essere tradotta come «sussurro di una brezza leggera» (1Re 19,12), ma anche come «voce di silenzio sottile» (Ravasi).

Ecco l’ossimoro fortissimo: voce di silenzio!

Proprio nel silenzio Dio si mostra e riporta al cuore di Elia il coraggio per la sua missione rinnovata: «Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco» (1Re 19,15).

Nell’alone del silenzio e della solitudine il Signore ci chiama per dare avvio alla rinascita di una vocazione in crisi.

Quante parole oggi ci frullano nella mente; quanto rumore ronza alle nostre orecchie!

I nostri ragazzi camminano con le cuffie… studiano/leggono con le cuffie… alcuni dormono con le cuffie. E dei loro pensieri storditi dal frastuono ci giunge – fastidioso – il rumore, triste eco di cuffie che isolano.

E in questo chiassoso isolamento è difficile far spazio alla voce di Cristo, volto e carne umana del Dio che ci ama.

In questo meccanismo di fuga dal silenzio, tal volta ci siamo anche noi capi e adulti.

Il silenzio ci mette a nudo. Ci priva dei meccanismi di difesa con cui respingiamo quella Voce che ci chiama a crescere, a cambiare, ad amare.

Ma se veramente cerchiamo noi stessi…

Se veramente cerchiamo, desideriamo l’incontro con Gesù Cristo, parola vivente del Padre, che non urla, ma che riempie i nostri silenzi, ecco quanto risulta necessario che ci rivestiamo del silenzio.

«Il silenzio è madre della devozione, liberazione dalla schiavitù, manutentore del fuoco dell’amore divino, specchio per scorgere i nemici, avvio delle lacrime salutari, accrescimento di scienza, segreto progresso nella virtù» (S. Giovanni Climaco).

A noi Capi, che accompagniamo sulla strada delle scelte di vita i nostri ragazzi, è chiesto di essere per loro guida e maestri non nell’insegnamento, ma nell’esempio. Il silenzio e l’ascolto, dunque ci mettono nelle condizioni di essere Capi che sanno a tempo tacere e a tempo parlare, perché parlando fuori dal tempo opportuno non pecchiamo di indiscrezione, e tacendo inopportunamente, non lasciamo crescere nel male i nostri fratelli più fragili.

Quante chiacchiere, quanti giudizi avventati, quante parole che hanno per scopo solo e soltanto il metterci in mostra!!! Ci fanno correre il rischio di essere come i cani di guardia che a forza di abbaiare invano, non sono credibili quando il ladro assale la proprietà del padrone.

Di contro, se taciamo per non voler scontentare nessuno, per non assumerci le responsabilità, rischiamo di essere come quei cani muti che non sono buoni a latrare fortemente e molto meno a mordere coloro che guastano o derubano la casa del padrone.

Il santo silenzio, forgiato sull’ascolto della Parola di Dio, rende noi Capi abili a esortare con la sana dottrina e ribattere a quanti fanno dialettica… per non affrontare concretamente i propri dubbi, le proprie paure, le proprie fragilità.

Le nostre labbra, allora, devono custodire la Parola e la nostra bocca deve saper spiegare la legge, e se è opportuno, come fu intimato al Profeta Isaia, dobbiamo gridare senza cessare, con voce potente come di tromba, la cui forza può essere reale solo se plasmata nel silenzio adorante, ai piedi del Cristo.

Proprio Gesù può insegnarci a dire non solo cose buone – perché nella nostra realtà, purtroppo, il male continua ad agitarsi – ma a dirle con calma, quando serve; in alcuni casi siamo chiamati a differirle, altre volte a tacerle, affinché non rischiamo di guastare i frutti delle cose ben dette.

Il silenzio, dunque, ci abilita a parlare.

Nel silenzio possiamo accogliere ed amare.

Nel silenzio del nostro cuore possiamo maturare il desiderio e le scelte di conversione che, giorno per giorno ci renderanno Uomini, Discepoli, Capi secondo il cuore di Cristo, capaci di segnare positivamente i sentieri di vita dei nostri ragazzi.

Buona Strada.

Vostro d. Pietro.

 

Per la preghiera:

 

Mentre il silenzio fasciava la terra

e la notte era a metà del suo corso,

tu sei disceso, o Verbo di Dio,

in solitudine e più alto silenzio.

 

La creazione ti grida in silenzio,

la profezia da sempre ti annuncia,

ma il mistero ha ora una voce,

al tuo vagito il silenzio è più fondo.

 

E pure noi facciamo silenzio,

più che parole il silenzio lo canti,

il cuore ascolti quest’unico Verbo

che ora parla con voce di uomo.

 

A te, Gesù, meraviglia del mondo,

Dio che vivi nel cuore dell’uomo,

Dio nascosto in carne mortale,

a te l’amore che canta in silenzio.

(David Maria Turoldo)

 

 

N.B.

si tratta di un inno per il tempo di Natale, ma che penso ci aiuti a contemplarci visitati da Dio, in Cristo, nella nostra carne umana, nella profonda bellezza del santo silenzio.

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