INTERVISTE IMPOSSIBILI. Lord Baden-Powell, fondatore del Movimento scout

Di Lillo Rizzo

Lillo Rizzo (LR): Sir Robert, è un vero onore poterla intervistare. Lei è stato fondamentale nella creazione di un movimento che ha attratto milioni di ragazzi di tutto il mondo. Vorrei subito chiederle come è nata in lei l’idea degli scout e cosa l’ha spinta poi a far sviluppare questo movimento?

Lord Baden-Powell (BP): La ringrazio. Posso dirle che l’idea degli scout è nata alla fine della Guerra Boera. L’età edoardiana (1901-1910) conobbe un intenso fiorire di teorie educative in tutto il mondo, ricordiamo Montessori, Pestalozzi, Agazzi e tanti altri. Ci rendevamo conto, ma lo avevo già notato durante la mia vita militare, come moltissimi giovani venissero scartati alla visita di leva per deficienze fisico-culturali. D’altronde, l’esperienza con i ragazzi di Mafeking mi aveva aperto gli occhi sulla possibilità di instradare i giovani dando loro carta bianca. A questo si aggiunga che fu anche il periodo di nascita e sviluppo della psicanalisi che definì per sempre un’età puberale e un’età adolescenziale, prima ignote o comunque ignorate.

LR: Quindi è vero che l’esperienza di Mafeking fu dirimente?

BP: Sì, senz’altro. Devo ammettere, che l’idea del corpo cadetti fu del tenente Moncreiffe e non mia ma mi aprì un mondo.

LR: Cosa desiderava perseguire organizzando i ragazzi in un movimento?

BP: Fin da Mafeking notai come fosse importante concentrarsi sull’istruzione dei ragazzi nell’apprendere capacità pratiche, di leadership e, soprattutto, di responsabilità verso gli altri. Molti dei ragazzi di Mafeking non avevano capacità specifiche. Moncreiffe creò un sistema che li aiutò a sviluppare abilità che li rendessero più forti, più sicuri e più attenti agli altri. Questo sistema lo adottai con i dovuti aggiustamenti creando gli scout.

LR: Il movimento scout è nato almeno in parte anche come risposta alle esigenze pratiche di quel periodo. Ma quali erano gli ideali che voleva trasmettere attraverso il Metodo scout?

BP: È vero, il mio scopo non era solo quello di far apprendere competenze pratiche ma anche promuovere il senso di altruismo e lo spirito di corpo. Il nostro motto, “Estote Parati”, è stato pensato per ricordare ai ragazzi di essere pronti ad affrontare le sfide della vita, non solo dal punto di vista fisico ma anche psichico e morale. Volevo che gli scout sviluppassero un forte senso di responsabilità, in primo luogo, verso sé stessi e poi verso gli altri, dove con altri intendevo anche la natura intesa in senso lato. Dovevano considerare la lealtà, l’onestà e il rispetto come principi fondamentali della loro vita.

LR: Mi sembra che il suo approccio fosse molto orientato verso la formazione del carattere e dell’individuo, l’epoca edoardiana fu considerata a tutti gli effetti una character factory. Ma cosa esattamente desiderava che i ragazzi apprendessero attraverso l’esperienza scout?

BP: La prima cosa era senz’altro la leadership, uno degli aspetti. Ogni scout deve imparare a guidare gli altri con rispetto e senza prepotenza, puntando a rendere i sottoposti autonomi e a preparali a dirigere altri uomini. Per questo creai Capi e Vice Capi Squadriglia che dovevano essere scelti dai ragazzi stessi e con il trapasso nozioni preparare tutti a essere Capi, leaders. D’altra parte, era altrettanto importante che i ragazzi capissero quanto è importante lo spirito di corpo, discutere le idee e condividerle per arrivare a una decisone condivisa. Dovevano comprendere che lavorare insieme è essenziale. Inoltre, ritenevo che l’amore per la natura e la vita in essa fosse centrale. Io avevo vissuto nella natura per 50 anni. Volevo che i ragazzi diventassero esperti di orientamento, di sopravvivenza e di esplorazione ma anche che si prendessero cura del mondo che li circonda. Infine, era cruciale anche il perseguimento di un’educazione morale: l’obiettivo non era solo diventare più abili ma anche più onesti, più sensibili e più aperti verso gli altri.

LR: Il suo movimento ha coinvolto il mondo intero. Com’è stato gestire questo enorme successo e vedere che l’idea degli scout si era diffusa a macchia d’olio?

BP: Sinceramente non mi aspettavo nulla del genere. All’inizio il mio interesse era solo per la gioventù britannica. La diffusione del movimento scout come uno tsunami non me lo aspettavo ma ovviamente mi ha reso felice. Quando inaugurai il primo campo scout nel 1907 sull’isola di Brownsea, nella Manica, non avrei mai immaginato che il movimento potesse soppiantare le altre istituzioni educative esistenti, figurarsi che potesse diffondersi in tutto il globo.

LR: Secondo lei con il passare del tempo, lo scautismo è cambiato?

BP: Il mondo è cambiato molto negli anni, soprattutto dalla fine degli anni ’60 del XX secolo, ma i principi del Movimento scout sono rimasti gli stessi: formare giovani uomini e donne capaci di affrontare le sfide della vita con coraggio e integrità. La diffusione in tutto il mondo con poche variazioni socioantropologiche, ha dimostrato come il nostro metodo fosse universale e applicabile a diverse culture e società, perché il bisogno di valori e di formazione non ha confini.

LR: Sir Robert, lei ha parlato di un “metodo” scout. Potrebbe spiegarci in cosa consiste questo metodo e come viene applicato nelle diverse realtà locali?

BP: Il Metodo scout si basa su alcuni principi fondamentali. In primo luogo, c’è l’educazione tramite l’esperienza diretta: molta è autoeducazione. Gli scout imparano facendo, tramite attività all’aperto, giochi e attività pratiche sviluppando capacità fisiche e mentali. Secondariamente, l’autosufficienza è un aspetto centrale: ogni scout deve imparare a prendersi cura di sé e a risolvere i problemi in modo autonomo. Terzo, l’aspetto del lavoro di squadra: gli scout non sono mai soli ma operano sempre in gruppo, un gruppo di pochi, la Squadriglia, che è la base del movimento e così imparano la collaborazione. Questo metodo, seppur adattato alle diverse realtà culturali e sociali, è sempre rimasto invariato nel suo cuore.

LR: Con il passare degli anni, la società si è evoluta e molte cose sono cambiate. Come vede oggi il Movimento scout e cosa pensa delle nuove generazioni?

BP: Oggi, forse più che mai, il bisogno di un movimento come quello degli scout è molto sentito. La società moderna sta affrontando sfide enormi, come la solitudine, la mancanza di legami veri e la crescente individualizzazione. Gli scout offrono un rifugio, un luogo dove i ragazzi e le ragazze possono formarsi, imparare a lavorare insieme, e vivere esperienze che li arricchiscono sotto ogni punto di vista. Mi auguro che le nuove generazioni continuino a seguire il nostro motto e a diffondere i principi dello scautismo nel mondo, creando una società più unita, rispettosa e consapevole.

LR: La ringrazio di cuore, sir Robert, per aver condiviso con noi la sua visione e la sua esperienza. Il suo lavoro ha avuto un impatto duraturo, e siamo certi che continuerà a ispirare milioni di giovani per generazioni a venire.

BP: È stato un piacere parlare con lei. La cosa più gratificante per me è sapere che il Movimento scout continua a crescere e a ispirare giovani in tutto il mondo. Non c’è miglior modo di lasciare in eredità un lavoro che le generazioni successive valorizzano e portano avanti con passione. Buona strada a tutti gli scout!

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